E dei 500 milioni della Stabilità 2015?

da | Lug 14, 2016 | Pubblicazioni | 0 commenti

Le disposizioni della Legge di Stabilità 2015 ed in particolare il comma 649 dell’art. 1 della L. 190/2014 sono tornate nuovamente di attualità per gli operatori del settore degli apparecchi con vincita in denaro. L’art. 1 comma 649 è probabilmente la norma più conosciuta dagli operatori del settore e la cui interpretazione ha prodotto ampie e diffuse contestazioni davanti decine di giudici delle più disparate giurisdizioni e dagli esiti a volte sorprendenti.

Il comma 649 nella sua formulazione originaria ha stabilito in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall’anno 2015, dei compensi della filiera degli apparecchi.

Alla data di aprile 2016, da articoli di stampa che riportavano le dichiarazioni dei vertici dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli è emerso che dei 500 milioni previsti dalla norma sono stati incassati complessivamente 340 milioni circa il 68%.

È cronaca delle recenti settimane che le polemiche tra gli operatori hanno conosciuto una reviviscenza a seguito del ricevimento da parte di gestori ed esercenti delle diffide ad adempiere dei concessionari che li invitano a versare la differenza complessivamente pari a 160 milioni di euro minacciando azioni legali per il recupero di tali importi.

Per non annoiare il lettore su una materia ritenuta unanimemente ostica per gli stessi operatori del diritto si esamineranno sommariamente i punti salienti della vicenda passando attraverso: (i) L’evoluzione della norma; (ii) un aggiornamento sui contenziosi attualmente pendenti davanti l’autorità giudiziaria provando infine a comprendere (iii) il complesso rapporto che lega l’amministrazione ai concessionari e a sua volta i concessionari alla propria filiera in ordine alla corresponsione delle somme ritenute ancora dovute.

La norma e la sua parziale abrogazione.   Il meccanismo operativo di ripartizione di queste onere per nulla trascurabile non è stato dei più chiari né probabilmente dei più efficaci. Anzitutto la norma stabilisce che l’importo di 500 milioni venga versato in due rate (aprile e ottobre) esclusivamente dai concessionari. Il meccanismo di ripartizione dell’onere tra i concessionari è stato definito dalla norma solo “a monte” prendendo come riferimento gli apparecchi riferibili a ciascuno di essi alla data del 31.12.2014. In ordine ai criteri di ripartizione dell’onere tra ogni concessionario e la propria filiera la norma si limitava ad auspicare che gli operatori trovassero da soli nell’ambito di una rinegoziazione dei compensi i criteri di suddivisione. La mancata rinegoziazione sortirebbe secondo la norma un duplice effetto ossia la segnalazione all’amministrazione dell’operatore che non ha effettuato il versamento e l’inversione dei flussi finanziari. In pratica, fino al perfezionamento della rinegoziazione, tutte le somme residue presenti negli apparecchi secondo il legislatore avrebbero dovuto essere rimesse direttamente al concessionario. Si tratta di una modalità operativa che su base teorica avrebbe dovuto convincere anche il più recalcitrante operatore a trattare la rinegoziazione con il concessionario ma che invece sul piano operativo ha sortito un discutibile risultato non solo in termini di gettito ma anche di conflittualità tra operatori.

Il legislatore ha preso consapevolezza durante l’anno di vigenza della norma della lacunosità dei meccanismi operativi di ripartizione dell’onere e con la Legge di Stabilità 2016 (art. 1 comma 921 L. 208/2015) ed ha abrogato a partire dal 1° gennaio 2016 l’obbligo di pagamento dei 500 milioni.  Tuttavia l’obbligo di pagamento resta valido per l’anno 2015 e a tal proposito è stata approvata una norma di interpretazione autentica testualmente la riduzione su base annua, si applica a ciascun operatore della filiera in misura proporzionale alla sua partecipazione alla distribuzione del compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali, tenuto conto della loro durata nell’anno 2015.

In ambito governativo si auspicava che l’interpretazione autentica della norma avrebbe definitivamente sopito i conflitti insorti tra gli operatori della filiera e indotto la filiera a versare quanto ancora dovuto ma, al contrario, l’ammontare incassato a titolo di riduzione dei compensi non si è incrementato mentre il grado di conflittualità tra gli operatori ha conosciuto una escalation senza pari.

I contenziosi originati dalla norma. L’entrata in vigore della norma e la successiva pubblicazione del decreto direttoriale di ADM di ricognizione degli apparecchi al 31.12.2014 e di ripartizione tra i concessionari e le rispettive filiere hanno originato contenziosi in sede amministrativa e civile.

Tutti gli operatori e le rispettive sigle associative hanno contestato davanti il Tar del Lazio la norma e i relativi provvedimenti attuativi ricevendo in ben due diverse occasioni il rigetto della domanda cautelare proposta. A parere dei giudici amministrativi non appare compiutamente dimostrato che, ottemperando tutti i soggetti della filiera a quanto disposto dal provvedimento impugnato e dall’art. 1, comma 649 l. n. 190/2014, sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione del merito del ricorso, con ciò avvalorando la tesi che l’onere derivante dal prelievo forzoso introdotto dalla legge 190/2014 incombesse su tutta la filiera di ciascun concessionario.  

Il Consiglio di Stato ha ribadito questa considerazione confermando che la prescrizione di legge fa ricadere il prelievo sulla intera filiera, non avendo attribuito ai concessionari alcun potere per ottenere da gestori ed esercenti le somme dovute e, per altro verso, essendo rimasta l’Amministrazione inerte sotto tale profilo. I giudici amministrativi di secondo grado hanno però aggiunto che dal momento che gli operatori della filiera sono tenuti a consegnare ai concessionari garanzie per un ammontare non inferiore a 1500 euro per apparecchio i concessionari possono escutere tali garanzie al fine di coprire l’intero importo delle due rate.

Anche i giudici civili sono stati impegnati nei contenziosi attivati dagli operatori della filiera. In particolare, singoli gestori hanno promosso azioni ex art. 700 c.p.c. finalizzate ad inibire le richieste di pagamento avanzate dai concessionari. Tali contenziosi attivati su tutto il territorio nazionale hanno conosciuto inizialmente pronunzie di carattere diverso e contrapposto mentre successivamente hanno visto il prevalere di pronunzie di rigetto delle domande cautelari principalmente per l’assenza dell’elemento del periculum in mora.

Pende invece davanti al Tribunale di Roma un procedimento azionato appena prima l’approvazione della Legge di Stabilità 2016 da 480 gestori aderenti a Sapar nei confronti dei tredici concessionari e di ADM finalizzato a dichiarare che essi non sono tenuti a compartecipare al “versamento aggiuntivo” previsto dall’art. 1, comma 649, legge n. 190 del 2014 nella misura pretesa dai concessionari e a dichiarare che le condotte dei concessionari integrano, alternativamente o cumulativamente, intesa anticoncorrenziale, abuso di posizione dominante collettiva, abuso di dipendenza economica, nonché abuso del diritto, e per l’effetto, inibire ai concessionari la prosecuzione di tali condotte. A seguito della comparizione delle parti e la formulazione di eccezioni preliminare il giudice ha riservato la decisione.

Il rinvio alla Corte Costituzionale e gli scenari futuri. Nell’ambito del giudizio instaurato davanti il Tar del Lazio, il   il 21.10.2015, con tante ordinanze quanti erano i giudizi proposti nell’ambito dei quali era stata sollevata questione di legittimità costituzionale del comma 649, il TAR del Lazio sollevava la questione, senza però disporre la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Quindi, a rigore, la norma è ancora valida ed efficace, vige l’obbligo degli operatori di versare gli importi a titolo di riduzione dei compensi e valgono a tutti gli effetti i rimedi pseudo- sanzionatori previsti dalla norma (segnalazione ad ADM e inversione dei flussi).

Alla data di redazione del presente articolo risulta che il Tar del Lazio non abbia ancora trasmesso gli atti alla Consulta con un inevitabile allungamento dei tempi per ottenere una decisione.

La pronuncia della Corte Costituzionale può prefigurare tre scenari diversi: 1) la Corte dichiara la questione manifestamente infondata. In questo caso, nulla cambia rispetto alla situazione attuale e quindi la norma resta valida ed efficace e gli importi restano ancora dovuti da parte della filiera. 2) la Corte dichiara la norma incostituzionale e quindi elimina il comma 649 dall’ordinamento giuridico sin dalla data di entrata in vigore della norma. In questo caso la riduzione dei compensi di 500 milioni non era dovuta sin dall’origine dagli operatori che hanno il diritto alla restituzione in caso abbiano spontaneamente versato gli importi richiesti. 3) La Corte dichiara la norma incostituzionale ma solo a partire della pubblicazione della sentenza. Non si tratta di un caso meramente teorico in quanto la Corte ha già adottato analoga decisione nell’ambito del giudizio sulla costituzionalità della c.d. Robin Tax (addizionale IRES su extraprofitti delle imprese energetiche e petrolifere) ritenendo comunque superiore l’equilibrio del bilancio dello Stato rispetto al diritto alla restituzione delle società private di 6 anni di extragettito (si consideri che ammontava a circa 1,3 miliardi di euro la tassa versata dagli operatori solo per l’anno 2014). In questo caso coloro che hanno versato non hanno diritto alla restituzione mentre gli operatori che non hanno versato restano obbligati a farlo.

Le mosse di ADM e dei concessionari. Nell’ambito di una vicenda dalle dimensioni e dalle implicazioni così complesse ADM sta tentando di gestire il recupero delle somme nella piena consapevolezza che la normativa è ancora lacunosa e non contempla chiari rimedi di carattere sanzionatorio per i soggetti inadempimenti come la cancellazione dall’elenco RIES. D’altra parte, non vi sono rimedi esperibili dall’amministrazione direttamente nei confronti dei concessionari in quanto la norma non assegna loro una responsabilità solidale con la rispettiva filiera ma il mero incarico di collettore delle somme per conto di ADM. Accanto alle previsioni di carattere sanzionatorio previste dalla norma ossia la segnalazione ad ADM e l’inversione dei flussi ritenuti unanimemente ritenute inefficaci o addirittura controproducenti per il settore va detto che il Consiglio di Stato ha suggerito un terzo strumento per incoraggiare il versamento dai soggetti inadempimenti che consiste nella escussione delle garanzie prestate ai concessionari. Si tratta di una lettura forse un po’ troppo sbrigativa da parte dei giudici amministrativi in quanto la garanzia prestata in virtù di un espresso obbligo convenzionale copre solo il rischio di inadempimento del Preu mentre l’onere introdotto con la Legge di Stabilità 2015 non è neanche configurata come un tributo per stessa ammissione dell’amministrazione.

ADM ha comunque chiesto ai concessionari di intraprendere tutte le azioni di recupero delle somme ancora dovute dalla filiera e di essere aggiornata in ordine ai soggetti che si sono resi ancora inadempimenti.

I concessionari hanno quindi inviato a tutti gli operatori della filiera le lettere di messa in mora in cui viene calcolato l’importo ancora dovuto minacciando l’attivazione di azioni legale per il recupero forzoso.

A mio avviso, la norma di interpretazione autentica, per quanto abbia ancora dei limiti testuali, ha il merito di chiarire agli operatori le modalità di suddivisione dell’onere stabilendo che esso va distribuito tra gli operatori in misura proporzionale alla partecipazione alla distribuzione del compenso.  Al netto delle strumentalizzazioni, il legislatore ha deciso che il criterio guida è la “distribuzione del compenso pattuito contrattualmente” e non la redditività del singolo apparecchio.

Gli operatori quindi sono davanti ad un (ennesimo) bivio.

La prima strada è quella di versare quanto dovuto in base ad un criterio che, per quanto sgradito, ha il merito di essere agevolmente ricostruito contrattualmente, di pretendere il pagamento degli importi dovuti per effetto di detto criterio da parte dei propri incaricati, di segnalare ai concessionari coloro i quali hanno deciso di non adempiere e di sperare in una favorevole pronuncia della Corte Costituzionale che potrebbe consentire di ripetere le somme versate.

L’alternativa è quella di restare in una posizione di attesa che li vede però esposti ad una serie di azioni di ADM e dei concessionari il cui esito singolo e le cui tempistiche sono ad oggi difficile da prevedere.

[articolo pubblicato su Jamma.it]